Teoria del negozio giuridico
Il concetto di negozio giuridico è stato elaborato nell'ottocento dai giuristi: il negozio è manifestazione della potestà del volere del singolo.
In tal senso la teoria negoziale è nata come parte della teoria del soggetto di diritto.
Tuttavia ben presto, con le nuove necessità del mercato, la dichiarazione acquistava una propria autonoma funzione a fianco alla volontà, prevalendo talvolta su di essa in caso di contrasto.
Secondo l'art. 1324 c.c., non ci si può più riferire a qualsivoglia manifestazione di volontà del privato, ma solo a quelle omogenee. La disciplina del contratto si estende dunque al negozio unilaterale inter vivos a contenuto patrimoniale, escludendo il testamento ed il matrimonio (più in generale i negozi di diritto familiare). In realtà l'art. 1324 c.c. parla di atto, non di negozio, ma con esso il legislatore indica un sinonimo di negozio unilaterale.
La disciplina del contratto va oltre l'art. 1324 c.c.: essa si applica, con il criterio di compatibilità, agli accordi di diritto pubblico (tra P.A. e privato).
Inoltre la giurisprudenza penale è concorde nell'applicare al patteggiamento della pena i principi sulla conclusione del contratto (la revoca unilaterale è quindi impossibile una volta raggiunto l'accordo), ovvero sulla sua natura di actus legitimus, che non tollera condizioni se non nei casi previsti dalla legge (può parlarsi di accordo negoziale di diritto processuale).